martedì 31 maggio 2011

ANTEQUATTRO 2011



Malgrado la diffidenza che nutro nei confronti degli studenti di architettura, devo ammettere che a Ferrara essi sono gli unici a proporre delle feste intellettualmente valide, gli unici capaci di non appiattire le serate in un orgia di birra in bicchieri di plastica e chiacchiere da ubriachi. Non che ci sia qualcosa di male nell'intendere la festa in termini di fiesta-fiesta-fiesta!, ma in ambito universitario sarebbe lecito talvolta impegnarsi per qualcosa di più e di diverso, rispetto al piacevolissimo ma tardoadolescenziale party cafone. Grandi meriti quindi ai ragazzi di Bassoprofilo, a tal punto volenterosi da organizzare non solo la “4 Giorni delle Arti”, ma addirittura una serie di eventi preliminari, racchiusi sotto all'ombrello di “Antequattro”.
Primo appuntamento mondano ieri sera al Giardino delle Duchesse, interessante per almeno 3 motivi.
Motivo 1: L'allestimento interattivo dei lavori presentati al concorso “24 foto / 24 tempi” (ogni partecipante aveva a disposizione una macchina usa e getta per scattare 24 fotografie sul tema del tempo). Le sequenze di foto erano allacciate a formare tanti nastri circolari, montate come dei rulli su un supporto rustico ma funzionale. Per guardarle bisognava scorrere manualmente i nastri, creando così un assonanza visiva con la pellicola cinematografica, e implicitamente con la rappresentazione del tempo che passa. I soggetti erano spesso molto simili (gettonatissime le attività quotidiane più semplici, o legate al ciclo notte/veglia), e per questo ho particolarmente apprezzato la sequenza patriottica dei tre ghiaccioli (uno verde, uno bianco, uno rosso) che scatto dopo scatto si sciolgono al sole, per ridursi a miseri stecchini di legno (infilati nel naso di qualcuno).
Motivo 2: Elegantissimo il concerto dei M.O.F. 5tet, bravi e belli.
Motivo 3: Sangria e birra a prezzi popolari (che va bene radical chic, ma non per questo astemi!).
L'unica ragione di rammarico, che esula dalla responsabilità dei provetti architetti, è relativa al giardino stesso, spelacchiato e un po' patetico. Potrebbe essere uno dei posti più belli della città, invece – oltre ad essere sempre chiuso (aprire quattro giorni all'anno significa essere sempre chiusi, questo lo specifico per i puntigliosi) – è lasciato sconnesso e misero. Al posto delle piante - tutte sradicate, ad eccezione dei tre alberi più grandi - è rimasta l'erbaccia incolta. Mi piacerebbe sapere se saranno in futuro presi provvedimenti per risanarlo, restituirlo.

domenica 29 maggio 2011

AIUTATEMI CHE SONO MESSO MALE

 
Serata frizzantina alla porta degli angeli (casa del boia non si dice più, è out: sapevatelo!): vino rosso spinato direttamente dalla damigiana, abiti leggeri e il sole che tramonta sull'erba, sorrisi svagati e le opere autoironiche di Stefano W. Pasquini a dare un senso al tutto. 
Come al solito mi trovo in imbarazzo a commentare qualsivoglia forma di arte contemporanea. Non ho mai del tutto metabolizzato la dissoluzione dell'aura, e se razionalmente comprendo il significato e l'importanza di tanti lavori (cito a caso qualche esempio abnorme: le pillole di Damien Hirst, il medio alzato di Cattelan, la kefia di Mona Hatoum), nel momento in cui me li ritrovo di fronte formulo inevitabilmente lo stesso pensiero stolto: "e va be?". 
Da parte mia la buona volonta c'è sempre, ci provo ogni volta: ieri quindi  ho passeggiato attenta attorno alla struttura irregolare esposta al piano ammezzato, una composizione di vecchie mensole e qualche libro; ho saggiato la consistenza fisica della carta di cui era composta l'istallazione allestita in mansarda, un mucchietto di fogli disordinati, sui quali erano stampate le immagini di un cane e di alcuni operai; vicino all'ingresso ho studiato con interesse lo scatolone che si fingeva un autovelox, per misurare la velocità di accesso degli ospiti. Il risultato non cambia, e a questo punto si tratta sicuramente di un problema mio, le parole mi escono di bocca senza che io riesca a trattenerle: "e va be?". 
Chiunque fosse capace di suggerire un giudizio più acuto è invitato a lasciare un commento, io di per me non ce la faccio. Riesco solo a commentare l'evento, e quello devo dire è stato soddisfacente (cfr: incipit). 
A differenza di quanto accadeva questo inverno, quando alle inaugurazioni ci si ritrovava sempre in quattro gatti, ieri la porta monumentale frullava di gente e chiacchiere, inoltre a vivacizzare l'atmosfera già spensierata ha contribuito la performance, della quale invece posso scrivere - senza scrupoli di coscienza - che sì, mi è molto piaciuta. Nel vivo della serata diverse persone confuse nella folla (giuro, c'era veramente tanta gente) hanno iniziato ad alta voce a dialogare tra loro, simulando il discorso frammentato e informale della chat. Argomento della "stanza": la ricchezza sperperata da bisnonni e parenti donnaioli, la decadenza dei titoli nobiliari e degli agi della buona borghesia, la condizione sradicata e nostalgica delle nuove generazioni. Nello svolgersi veloce della conversazione (una farsa amara, comica in senso pirandelliano) sono riuscita a sentirmi coinvolta. Ho ritrovato in qualche modo il filo del discorso benjaminiamo sulla necessità politica dell'arte, che sapevo presente teoricamente anche nelle opere esposte, e mi sono sentita bene.

sabato 28 maggio 2011

BIBLIOTECA VIVENTE


Ieri pomeriggio alla Festa delle Famiglie è stata organizzata una living library. Non so quanto sia effettivamente conosciuto questo tipo di iniziativa, spiego quindi brevemente come funziona e a cosa serve. La biblioteca vivente è una raccolta di persone-libro, ovvero persone disposte a raccontare la propria storia come se fosse una narrazione, ad offrire il loro patrimonio di esperienze alla città. Il suo obiettivo è abituare la gente a non  "giudicare un libro unicamente dalla copertina", a non lasciarsi condizionare dagli stereotipi e dai pregiudizi. Propone ai suoi "utenti" un catalogo di luoghi comuni (la donna musulmana, il gay, etc), ciascuno corrispondente ad una persona-libro che può essere prenotata e presa in prestito, sfogliata. L'iniziativa è fondamentalmente un mezzo informale per facilitare il dialogo tra persone che difficilmente forse avrebbero l'occasione di parlare in modo tanto sincero, aperto appunto come un libro.
Per quanto riguarda l'organizzazione di ieri pomeriggio posso solo spendere dei grandi complimenti.
E' vero: forse il catalogo non era ricchissimo (sono sicura che crescerà sempre di più, edizione dopo edizione) ma l'atmosfera era serena e invitante, e il libro che ho preso in prestito mi ha insegnato molto, suggerendomi  nuove prospettive attraverso cui guardare alla realtà - e non svelo nè il titolo nè il contenuto, chi è curioso la prossima volta deve partecipare! - .

DONNE ALLO SPECCHIO


Giovedì sera l'Accademia della Follia ha presentato alla città il laboratorio condotto in collaborazione con il dipartimento di salute mentale, concluso nella produzione di un filmato ispirato alle poesie di Alda Merini. 
Per avvicinare il pubblico alla comprensione del lavoro svolto, la serata avrebbe dovuto seguire una scaletta abbastanza anomala, ma potenzialmente molto interessante.
Questo è il riassunto di quello che avrebbe dovuto succedere:
Il regista/attore Claudio Misculin racconta – ovviamente per sommi capi ed aneddoti - la vita della poetessa, suggerisce un impressione della sua personalità e la valenza delle sue scritture riferite all'esperienza del manicomio. All'interno di questa cornice si inseriscono cinque azioni teatrali, e i corrispondenti cinque momenti estrapolati dal filmato prodotto, proiettato per intero in chiusura. Obiettivo del percorso: permettere agli spettatori di partecipare alla costruzione fisica dell'azione, avvicinarsi alla quotidianità della pratica laboratoriale, e seguirne l'evoluzione video.
Ecco quello che in verità è successo:
Le premesse sono buonissime: il regista introduce a proprio agio, ben calato nel ruolo di collante carismatico, le attrici - un pochino impacciate ma volenterose (nessuno pretende qualcosa di diverso) – si impegnano in interpretazioni coinvolgenti, le poesie incredibili tengono assieme il tutto. Per i primi dieci minuti. Poi la narrazione inizia a scricchiolare: il video iniziale si impalla (evvabbè, può capitare, anche se non dovrebbe), il secondo video non sembra avere problemi ma non è quello giusto (la cronologia del racconto comincia a vacillare), Misculin furibondo alza il medio rivolto ai tecnici (personalmente comprendo la rabbia, ma non la maleducazione esibita), un ulteriore video si sgrana e si interrompe sul più bello, la serata sembra definitivamente implodere. Si decide di continuare solo con le azioni teatrali, anche se il nervosismo di tutti è palpabile e la rappresentazione ne risente.
Nel trambusto l'opinione che mi sono fatta dello spettacolo è che sarebbe stato bello, sarebbe stato veramente intenso. Il video completo proiettato a fine serata - per fortuna senza particolari incidenti - è riuscito parzialmente a compensare l'insoddisfazione per la rappresentazione fallita: autoironico, soluzioni visive e musicali di grande impatto, un'interpretazione della poetessa penetrante, lucida e assolutamente convincente (bravissima l'attrice). L'amaro in bocca all'uscita dalla sala però rimane. Non so quali ostacoli abbiano impedito alla cabina di regia di lavorare come avrebbe dovuto, so che è quasi delittuoso schiantare un occasione del genere (importante per il pubblico e per chi a vario titolo è stato coinvolto  nel laboratorio) per dei banalissimi "problemi tecnici".

venerdì 27 maggio 2011

LA SCUOLA CHE VIVIAMO, LA SCUOLA CHE DESIDERIAMO




Atmosfera retrò al centro sociale la Resistenza, in occasione dell'incontro “La scuola che viviamo, la scuola che desideriamo”: sedie di plastica, ghiaccioli alla menta e buone intenzioni. Un folto gruppo di insegnanti, genitori e precari di varia natura e genere (facilitatori, educatori, etc.) si è riunito mercoledì sera per parlare di scuola, per confrontarsi sulla direzione intrapresa dall'attuale istruzione pubblica italiana.
Bello? Bello. Facile? Per nulla.
La serata è partita abbastanza appesantita. Il maestro Mauro Presini (di cui non discuto le qualità professionali, ma quanto a capacità retorica... uso un eufemismo: ci sarebbe qualcosina su cui lavorare) ha infilato per un tempo indefinito un'animata collana di luoghi comuni, battute riciclate e memorie risapute. Un fiume in piena, entusiasta e inarrestabile. Leitmotiv del suo malcontento: il governo vuole i propri cittadini succubi e  ignoranti, ha inventato un linguaggio artificiale per nascondere loro la verità, è a tal punto brutto e cattivo da usare la parola razionalizzare invece di risparmiare. A prescindere dall'opinione personale: discorsi triti, a tal punto rimasticati da ridursi a poltiglia insipida. E non è sempre vero che alcuni concetti, per quanto ripetuti, facciano sempre bene. Quando ci si rivolge ad un pubblico di pari interessati (così è successo mercoledì sera) ripetere serve solo a perdere tempo prezioso, a distogliere lo sguardo dall'urgenza. Fortunatamente ha compensato all'incipit sottotono l'intervento di Elena Buccoliero, che ha parlato della violenza strutturale e culturale implicita nell'attuale sistema scolastico, della parzialità dei suoi criteri di giudizio, della gerarchia malsana che spinge i ragazzi verso “scuole differenziali”, di serie B, considerate tanto dagli alunni quanto dai professori alla stregua di parcheggi. Anche il successivo dibattito ha fornito dei buoni spunti di riflessione, nonostante si sia costituito di pochi ma lunghissimi interventi (l'assuefazione al monologo degli insegnanti è preoccupante). Sono stati toccati ulteriori nervi scoperti: l'oggettiva bruttezza e sporcizia di molti edifici scolastici; l'omertà e il disinteresse dei professori, che temendo il trasferimento non segnalano o addirittura insabbiano i problemi della struttura in cui lavorano; le difficoltà causate dal tetto percentuale imposto all'iscrizione di alunni stranieri; l'idea ridicola di riproporre alle elementari il “mostro unico”. In un contesto del genere, commentava una simpatica signora in rosso, la recente somministrazione della prova Invalsi rappresenta semplicemente l'ennesimo schiaffo. Non preoccupa in modo particolare, ma delude ulteriormente - “e non ne avevamo bisogno” - . Bilancio dell'incontro? La vastità dell'argomento ha impedito di stringere considerazioni più pragmatiche, di ricavare una linea metodologica e di pensiero a cui rivolgersi. Da parte mia credo servirebbero altri appuntamenti, più circostanziati e definiti, per approfondire le singole difficoltà ed esplorare le alternative concretamente a disposizione.

lunedì 23 maggio 2011

FESTA DELLE OASI


Domenica 22 maggio si è svolta in tutta Italia la giornata delle oasi WWF, occasione di apertura straordinaria e gratuita delle molte aree protette dall'associazione. Reduce del grigiume fisico ed esistenziale di questo inverno, ho voluto approfittare dell'iniziativa per redimere le carni pallide al sole campestre, e scroccare magari una prima botta di abbronzatura (che non colora la pelle, ma almeno lava via l'effetto zombie). Sono quindi andata in visita all'oasi più vicina, a vedere le dune fossili di Massenzatica, dalle parti di Mesola. Non avevo ovviamente la benché minima idea di cosa potesse essere una duna fossile, e sono oggi orgogliosa di poter comunicare pubblicamente che... bhe, ora invece un idea ce l'ho. Una gentilissima operatrice ha accompagnato me e gli altri visitatori all'interno della riserva, spiegandoci TUTTO: lo spostamento della linea costiera, la fossilizzazione delle zone sabbiose, le associazioni vegetali (che non c'entrano niente con i banchetti in piazza dei coltivatori diretti), le radici forti delle piante bassettine, l'etimologia delle robinie, il modo più semplice per riconoscere un olmo, la vitalità di una pianta cinese chiamata guarda caso highlander (!!) - (lo ammetto, ora sto inventando, in verità si chiama ailanto) -, e tante tante altre cose ancora. Ero talmente affascinata da questi racconti, da guardare con occhi stupefatti qualsiasi arbusto seccarello si stagliasse nei paraggi. Mi sono quindi persa le guest star della passeggiata: il ramarro (verdissimo, a detta di tutti i presenti) e il picchio. In compenso ho potuto guardare da vicino le pupe, ovvero i bruchi imbozzolati come Tutankhamon nel loro sputo, in attesa di diventare farfalle e morire dopo un giorno (non commento nemmeno, anche se una ragazza davanti a quelle mummie appese ha avuto il coraggio di esclamare “che bello!”, giuro).
Conclusa la passeggiata altri simpatici simpatizzanti dell'associazione hanno offerto a tutti un pic nic rustico e abbondante, con tanto di panini al salame, uova sode, torte salate e torte dolci - ovviamente preparate in casa -, vino bianco o rosso a piacimento, acqua se proprio proprio. Devo aggiungere altro? Mi viene in mente uno spot che girava tempo fa su youtube, e che credo riassuma bene l’impressione che ho avuto della giornata: never say no to panda;)!

domenica 22 maggio 2011

INAUGURAZIONE DI "STRUTTURE", PERSONALE DI DUCCIO GAMELLI


L'inaugurazione è stata abbastanza spentina: cordiale ma anonima. Poche le persone presenti, un aperitivo misero apparecchiato nella terrazza che guarda Via Darsena, la solita desolazione dei Magazzini Generali. L'atmosfera della serata era anche buona, informale e interessata, ma il vuoto degli stanzoni pesava sopra ogni passo, a ricordare quanto la marginalità della location possa invalidare qualsiasi iniziativa vi si voglia organizzare (e quando scrivo marginalità non mi riferisco ovviamente al decentramento fisico, ma alla disattenzione e all'incuria gestionale). E' veramente un peccato che un posto così ricco di potenzialità venga abbandonato a sé stesso e alle erbacce incolte che vi crescono tutto attorno. Voci di corridoio sussurrano di un imminente chiusura. Ai Magazzini si canta il lamento del cigno, e ad ascoltarlo restano le solite quattro facce... assieme alle opere di Duccio Gamelli, quasi dimenticavo. Non sono una grande intenditrice di arte contemporanea, fondamentalmente ancora devo capire se serve e a cosa serve, cos'è in realtà. Passeggiare in mezzo ai lavori di Gamelli mi è piaciuto, non tanto per questioni di empatia estetica, quanto per l'esercizio di fantasia che mi  ha richiesto. Ho interpretato abbastanza liberamente le sue strutture: nel reticolo dipinto di blu ho visto il Mediterraneo da lontano, nelle creazioni plastiche ho intercettato delle chiocciole fossili, un'attitudine agreste e organica. Basta questo per considerare valida un'esposizione? Aspetto da lettori più attenti e informati di me una qualsiasi risposta.

lunedì 16 maggio 2011

GLI ANTICHI GIOCHI DELLE BANDIERE ESTENSI


Premetto di non essere un esperta di rievocazioni rinascimentali, né tanto meno del gioco della bandiera. Chiedo quindi scusa anticipatamente per qualsiasi bestialità storica o tecnica scriverò in questo post, e invito chiunque abbia pazienza e voglia a correggere i miei errori con un commento.
Sabato sera per la prima volta ho assistito agli "Antichi giochi delle bandiere estensi". Abito in città da diversi anni, e più e più volte ho avuto occasione di guardare i ragazzi delle contrade sbandierare (durante gli allenamenti o alle prove in piazza del municipio), ma non ho mai tentato nei confronti di questa attività un atteggiamento più consapevole. Mi accontentavo di sostare davanti alle loro evoluzioni, godermi cinque minuti di spettacolo e riprendere poi beatamente gli affari miei. Quest'anno ho voluto interessarmi un po'di più a queste manifestazioni, ho raccolto qualche informazione qua e là e ho assistito alla prima competizione. Ora non ho intenzione di descrivere per filo e per segno ciò che è successo: chi c'era lo sa da solo, chi non c'era avrà avuto di meglio da fare. Provo però a raccogliere delle impressioni sparse, qualche idea vaga e un quesito pratico sulla gestione dell'evento.
IMPRESSIONI SPARSE: la serata si è aperta con l'incredibile performance singola di Andrea Baraldi, per la contrada di San Giacomo (per chi non avesse la minima idea di ciò di cui sto scrivendo, qui si può vedere una sua esibizione dell'anno scorso: http://www.youtube.com/watch?v=LggOEQ1Tkzk). Bravo bravissimo, da restare a bocca aperta, ma mi domando quanto il suo straordinario esercizio possa essere legittimamente avvicinato alla tradizione rinascimentale (e ora mi riferisco a lui perché è stato memorabile, ma ovviamente la domanda è rivolta all'intero repertorio contemporaneo). Gli sbandieratori del Quattrocento facevano veramente numeri del genere, esisteva già una disciplina? Non credo, ma a proposito mi vengono in mente le riflessioni di Hemingway sulla decadenza della corrida: nel massimo fiorire dell'arte la corrida veniva creduta dai suoi contemporanei traviata rispetto la tradizione e indebolita. Forse succede qualcosa del genere anche nel mondo delle bandiere, e la non coerenza dell'attuale competizione rispetto l'usanza antica andrebbe semplicemente interpretata come evoluzione, arricchimento. Personalmente tuttavia mi impressiona come uno spettacolo di giocoleria, per quanto di altissimo livello, possa suscitare oggi tanto clamore.
IDEE VAGHE: stupefacente anche l'esibizione corale della squadra di San Luca: ricca e corposa, elegantissima e allo stesso tempo inquietante la coreografia. Curioso come uno spettacolo per molti versi femminile (i passi di danza, le bandiere che volteggiano come grandi gonne attorno alle gambe) possa essere interpretato e inteso come esibizione di  fierezza virile. Mi rendo conto di scrivere poco meno di una bestemmia, a me ricorda un poco la danza del ventaglio (http://www.youtube.com/watch?v=OfrZwUFEuyY&feature=related).
QUESITO PRATICO: Insostenibile assistere all'intera manifestazione pressati nella folla, in punta di piedi per non farsi sovrastare dalla calca. Dove sono finiti gli spalti che venivano montati in piazza gli scorsi anni? Mi sono molto divertita, se fossi stata seduta mi sarei divertita ancora di più.

sabato 14 maggio 2011

NOW IS THE MONTH OF MAYING




Ieri sera l'associazione PuntoZero proponeva ai Magazzini Generali: “Verticali – 10. In parole povere...”. Ovvero? Ci ho dormito sopra una notte e ancora non ho capito cosa veramente significasse questo titolo, ma non credo sia un problema.
Gli organizzatori avevano vagamente anticipato la scaletta dell'evento: aperitivo e spettacolo di teatro-danza, 5 euro all'ingresso e si risolve il venerdì sera.
Arrivo puntuale alle otto e mezza, ma mi rendo conto sarebbe stato meglio arrivare in ritardo, o magari stare direttamente a casa. Desolazione: pochissime persone, vicino all'ingresso un tavolo apparecchiato con qualche bottiglia di aranciata e di birra, un paio di ciotole per le patatine e i taralli. Ho già pagato la quota e mi tocca restare, quindi cincischio, fumo, mi guardo intorno per una buona mezz'ora.
Inizia lo spettacolo e sono sempre più scettica: ci spostiamo tutti in uno degli stanzoni dell'edificio, ci sediamo in file ordinate e aspettiamo. Di fronte al pubblico, occultati allo sguardo da un grande telo chiaro, giacciono a terra due corpi, che lentamente si muovono, strattonano, si tendono, sempre coperti da questo lunghissimo lenzuolo. Porcamiseria il contemporaneo, questo è il mio primo pensiero. Il secondo, bhe, il secondo pensiero non c'è. Perché uno degli attori (sono giovani, un ragazzo e una ragazza) si trascina piano piano fino ad arrivare quasi davanti al mio naso, e da ingobbito che era si libera della stoffa in cui era ravvolto come un baco da seta, e si raddrizza. Ha una maschera di carta sul volto e le scarpe da ginnastica ai piedi e sembra volare. Inizio a credere a quello che sta succedendo. 
La musica intensa nelle orecchie, a tratti il silenzio assoluto, lo spazio bianco e nudo, il buio della notte fuori dalle grandi vetrate: i due ragazzi parlano, chiamano, danzano, cadono. Il pubblico non c'è più: è stato accompagnato con garbo all'interno della storia, le sedie sulle quali tutti sedevamo ordinati sono rimaste vuote.
Non racconto di più perché non servirebbe a comprende cos'è successo: io c'ero e tuttora non l'ho capito. So che è stato molto emozionante, e che se inizialmente ero dispiaciuta che solo in pochi si fossero interessati all'evento, a fine serata ne ero - egoisticamente – contenta. Nessuno infatti ha dovuto restare “dall'altra parte” della narrazione, assistervi da spettatore. Tutti hanno potuto entrarci e contribuire alla sua costruzione, anche con la semplice presenza. Inoltre non essendoci  pubblico a guardare, non c'era nemmeno finzione: era tutto vero.
Grandi applausi quindi sia alla coreografa che ai due interpreti (lei soprattutto per la danza, lui soprattutto per la recitazione: finalmente una voce credibile!). La rappresentazione merita di essere riproposta, e spero vivamente che in futuro sia possibile riorganizzarla nello stesso luogo. Immaginarla in un teatro tradizionale, per la strada, in qualsiasi altro posto che non sia lo spazio vacuo e stellare dei Magazzini Generali non è possibile. Credo che una buona parte della sua riuscita sia proprio da attribuire allo stanzone immacolato in cui è stata presentata, alle risonanze fantascientifiche di tutto quel bianco abbacinante.
A fine serata è stata fatta passare di mano in mano una petizione affinché i Magazzini Generali possano continuare la loro attività di promozione culturale. Petita Iuvant? Chissà.

mercoledì 11 maggio 2011

SANTA SANGRE



Ieri è stata la giornata in cui tutto quello che poteva andare male è finito peggio, in cui le piccole incombenze che dai, in dieci minuti me la sbrigo, si protraggono irrimediabilmente fino a ora di cena. Non sono quindi riuscita a vedere la rassegna presentata al Boldini, ma... ma avevo dalla mia una fidata collaboratrice. Ecco la sua recensione.


aahahah... CHE CAPRA!!!
La mia recensione di " Santa Sagre" non potrebbe che cominciare con una sana grossa risata, trattasi difatti di una "non recensione":

Come mio fare solito - un po' la fretta un po' la fiducia nel prendere le cose così alla leggera che tanto, comunque vadano le cose, tutto fa brodo! - non ho letto bene tutto il testo dell'evento (trovato solo su facebook!! - ... ma la pubblicità?? - ) e la mia idea della cosa è stato un "CHE FIGATA!! Cortometraggi tutta la giornata!"
Ricordavo l'orario di inizio: 15e30, ed il pensier "se sono cortometraggi uno dopo l'altro anche se tardo di un poco, da qui a mezzanotte faccio in tempo a vederne di cose!!"
---> Quindi pennica pomeridiana e alle 17e15 arrivo finalmente a destinazione: sala Boldini.
Buio pesto, mi siedo sulla poltroncina di parte cercando di non disturbare le teste contabili sul palmo di una mano, convinta di vedere la conclusione del cortometraggio che stavano dando, e iniziarne quindi di nuovi.
... piuttosto lungo come cortometraggio!

Ore 17e45 e ancora il video era lo stesso, qualcosa di completamente surreale di cui non ho capito una mazza, la sagra dell'assurdo direi, un tizio con lo smalto nelle mani che uccide tutte le sue possibili fidanzate (di cui un trans) e alla fine di tutto uccide pure sua madre. Ma nella cattiva sorte, ho comunque apprezzato moltissimo tagli di scena e scelte stilistiche di regia, anche la fotografia meravigliosa, la storia... BOH! (voglio sperare fermamente di non aver colto poichè mi è mancato il pezzo iniziale!!!).
Alla fine della proiezione l'autore del film si è reso disponibile a rispondere alle domande; 2 sbrisga, di tipi di cui penso volessero solo far sapere che hanno visto tanti film dato che paragonavano certi personaggi a quelli di grandi del cinema.
Il mio pensiero è stato "se per ogni cortometraggio c'è la pausa-autore, campa cavallo..." ma alla fine si era in 10 al massimo, di cui la metà è uscita subito all'accensione delle luci (qualcuno anche prima inciampandosi nelle seggioline... giuro, c'era davvero buio!), quindi... 10 min scarsi e sono uscita pure io (e sono andata in un negozio fighissimo assolutamente da vedere: vendita alla spina di roba naturale e biologica... "Chilometro70" in via De Romei... sia cose da mangiare che saponi ecc: assolutamente l'evento più soddisfacente della mia giornata!!).

Alchè sono tornata a casa per un impegno, per poi tornare alle 21e30 per la proiezione dei corti.
questa volta però mi sono detta "guardo prima quali sono i titoli dei cortometraggi, così so quando inizia uno e finisce l'altro, e me ne faccio un'idea!" (ovviamente non sarei stata puntuale alle 21e30!!); mi sono quindi documentata, mi sono collegata a fb e ho letto meglio il programma: ed ecco l'amara scoperta! al pomeriggio non c'erano i corti, bensì il film "Santa Sagre" da cui prendeva titolo l'evento, ed il tipo che rispondeva alle domande era Leoni, famosissimo Regista/sceneggiatore. (beata ignoranza!!!).
Quindi io, capra, andando alle 17 quando il film cominciava alle 15 (e non 15e30... quel poco che ho letto l'ho letto pure male!!)... vabbè. "recupererò stasera!!"
...
Arrivo al Boldini ore 21e45, come dicevo, scontatamente in ritardo.... ZERO BICI!!!
Tristissima all'idea che l'evento non avesse avuto successo, sono salita e mi sono seduta, sempre al buio, sempre nella poltroncina in parte per non disturbare stavolta le 6 teste presenti in sala...
"Che bella fotografia", ho pensato. "Ma che cortometraggio lungo!", subito dopo. "... c***o c'entra Ambra Angiolini???"

Ebbene si, mi sono sorbita il nuovo film di Ambra Angiolini (pessima secondo me come interpretazione in questo ruolo), "Notizie degli scavi" cominciato un'ora prima del mio arrivo (non so se ringraziare o meno il fatto che non c'era nessuno all'ingresso e che quindi sono entrata in sala senza pagare il biglietto. buona cosa, ma se qualcuno mi avesse spiegato forse avrei fatto in tempo a correre alla vera rassegna!!).
Alla fine della proiezione ho scoperto, cercando il manifesto nel casino della bacheca per le scale, che la proiezione dei corti non era al Boldini ma al Terry May Home Gallery in Via Porta San Pietro... CHE PIRLA!
Sono riuscita a vedermi due film da metà (anzi diciamo meglio, la fine di entrambi!), cosa che odio di più al mondo.

Ora leggo, sul muro del profilo dell'evento il commento:
"E' stato davvero bello.
Complimenti agli ideatori !
Attendo con ansia un altro incontro simile".


... beh, l'ansia l'ho avuta di sicuro anche io, peccato che non posso condividere anche tutto il resto!!!

(... e per fortuna esistono gli Alias!!!)


La Capra

martedì 10 maggio 2011

FESTA DEL LIBRO EBRAICO



Non sono ovviamente riuscita a partecipare a tutte le iniziative del festival, il calendario era ricchissimo e densissimo. Provo quindi ad annotare per sommi capi le impressioni che ho ricavato saltabeccando qua e là tra dibattiti e inaugurazioni.

PRO:
Sempre intelligente l'idea di disseminare le attività in vari luoghi della città: utile ai turisti, che approfittano del trasferimento da una sede all'altra per godersi la visita, ancora più utile agli organizzatori, per decongestionare la situazione.
Molto curato l'allestimento del Chiostro di San Paolo, sede principale del Festival. L'esposizione dei libri è stata ben gestita e interessante, e mi chiedo se sia stata affidata a una qualche specifica libreria cittadina o se invece abbia fatto riferimento a entità altre, esterne (quali? Non ne ho idea, per questo resto vaga e le chiamo “entità”). Se qualcono avesse informazioni a riguardo mi farebbe piacere se lasciasse un commento. Tra i titoli che ho assaggiato a pezzi, leggendo qualche pagina a casaccio, segnalo: “Si, ma va bene per gli ebrei?” di Jhonny Geller, guida autoironica all'identità e alla cultura ebraica contemporanea (lo ammetto: era sabato sera ed ero stanca, e non avevo voglia di impegnarmi in mattoni o libri di storia, e ho sfogliato più che altro le raccolte di barzellette... che meritano!).
Buona anche la mostra sulla stampa ebraica, inaugurata nel salone d'onore del municipio: racconta la storia dell'unità del paese attraverso la prospettiva particolare della minoranza religiosa, documentando al suo interno ulteriori divisioni e fazioni, di cui sinceramente non immaginavo l'esistenza. Tra tutti il reperto che più mi ha stupito è stata una copia di «la Nostra Bandiera», giornale dell'ebraismo fascista: impiega due colonne della prima pagina per spiegare quanto buono  e caro sia il Duce, e come le leggi razziali non siano frutto del suo animo nobile, ma gli siano state suggerite da Hitler (il quale a sua volta non è cattivo, ma semplicemente mal consigliato dai suoi collaboratori). Credo che meriti di essere letto per intero.
Chiudo commentando la visita guidata di sabato sera. Mi è piaciuta molto l'idea di organizzare il tour in notturna: i ciottoli del ghetto illuminati dalla luce arancione dei lampioni, il silenzio dei vicoli, è stata una passeggiata suggestiva. Di notte è più facile credere a qualsiasi cosa, anche alla storia; vedere il tempo scivolare attraverso le fessure dei mattoni, immaginare le voci e le persone attraverso le finestre, dietro i balconcini in ferro. Per le prossime occasioni in cui si vorrà ripetere un esperienza simile mi permetto un solo consiglio: la spiegazione di Scafuri è stata esaustiva e chiara, ma l'avrei preferita un pochino più piccante, aneddotica (due ore possono essere molto lunghe!). Personalmente infatti la piacevole atmosfera onirica è scivolata passo dopo passo in un pesante bisogno di dormire.

CONTRO:
Solo una piccola segnalazione. Credo che la mostra dedicata agli ebrei e al risorgimento sia stata interessante. Lo credo soltanto però, non lo posso confermare: ho assistito alla bella presentazione (quella veramente vivace e frizzantina) e avrei voluto avvicinarmi per guardare i pannelli, ma non è stato possibile. Vicino alla parete, nel chiostro piccolo, erano stati appoggiati i tavoli della zona ristorante, e per leggere le scritte avrei quantomeno dovuto scomodare qualcuno seduto e contento, o ordinare a mia volta un cappellaccio.

lunedì 9 maggio 2011

INAUGURAZIONE DI CAMELOT CAFE'


Sabato pomeriggio di sole e di sonno, dove si va? Ovviamente al parco urbano, all'inaugurazione di Camelot Cafè (il fu Delizia del Parco).
Avevo saputo da fonti poco attendibili (status su facebook di provetti manovali impiegati nel progetto) che il cambio di gestione avrebbe comportato un grande rinnovamento spaziale e strutturale dell'area, ed ero quindi  preparata al peggio: alberi abbattuti, cementificazione inutile, le solite cose che capitano ai parchi. Sono stata quindi contenta di trovare invece un ambiente migliorato, ma non snaturato, né tanto meno deturpato.
Attorno al baracchino in legno, che è più o meno rimasto lo stesso, è stata organizzata una zona relax piacevole e modesta (è un complimento): gazebo e divani bianchi, sedie in vimini, qualche aiuola fiorita, le candele appese ai rami degli alberi, gli storici tavoli da pic nic ereditati delle precedenti gestioni. Ho apprezzato la semplicità democratica dell'allestimento, che consente allo spazio di aprirsi all'intero pubblico del parco (dalle famiglie ai passeggiatori solitari, dalle comitive di giovani mondani alle coppie meno giovani e meno mondane). Bella anche l'idea di evitare il solito rinfresco in piedi e di distribuire al suo posto dei piccoli sacchetti da scampagnata pret a porter, contenenti cibarie varie e una tela a quadrettoni bianchi e rossi, per sedersi in mezzo al prato e improvvisare un contemporaneo “dejeuner sur l'herbe”. Io personalmente ho dovuto accontentarmi del solito aperitivo, i kit infatti sono stati immediatamente fagocitati e finiti.
La nuova gestione promette bene: collegamento wi-fi gratuito, quotidiani nazionali a disposizione, cestini per la raccolta differenziata, sensibilità intensamente ambientalista e relazionale (clicco: Mi piace). Continuo tuttavia a non riuscire a spiegarmi il senso di uno spritz a tre euro, servito nel bicchiere di plastica, senza neanche una ciotolina di patatine a fargli compagnia. Ma forse è un problema mio, o forse devo aspettare l'avviamento dell'attività. Sul sito di Camelot promettono “all'ora dell'aperitivo un abbondante buffet”, magari tra qualche giorno vado in esplorazione e ritorno per confermare/smentire l'attuale sbigottimento.

sabato 7 maggio 2011

IL BIOLOGICO A PORTATA DI MANO



Parto con una premessa: io sono largamente biodegradabile (polvere alla polvere, cenere alla cenere), sono quasi certamente biosostenibile (suvvia, non peso poi molto), tuttavia non sono – né sono mai stata – in senso stretto biologica. Il mio approccio al cibo rispecchia purtroppo le abitudini alimentari della maggior parte del colto (et civilissimo?) popolo occidentale: mangio un po' a cazzo di cane. Nei miei giorni peggiori (almeno tre volte a settimana) fumo una sigaretta per colazione, salto a piè pari il pranzo – oplà -, acchiappo al volo una ricciola al bar e ruzzolo direttamente sui vassoi ciccioni dell'aperitivo, sull'abbuffata medicamentosa, che mi alleggerisce della pesantezza del mondo e mi schiaccia lo stomaco di pizzette del giorno prima e patatine pai (“meglio le patate che l'epatite”, mi si potrebbe obiettare, io comunque provo pena per me stessa). Negli ultimi anni ho cercato in mille modi di emanciparmi da questa condizione semibestiale: ho fatto la spesa a km zero; ho comprato i broccoli romani alle bancarelle del venerdì (sotto litri e litri di pioggia, lo scorso inverno, una depressione infinita), ho pascolato ore nel reparto bio della Coop, sconfortata dalle vaschette di zucchine mosce e costosette; ho cercato in internet i gruppi di acquisto solidale attivi in città, ho studiato con grande attenzione le cipolle terrose nella capannina vicina alla certosa. Io ci ho provato veramente a diventare biologica! Ma malgrado gli sforzi (sicuramente diversificati, forse non intensissimi, lo ammetto) non ci sono mai riuscita. Ecco perché consideravo la serata organizzata mercoledì sera presso il centro sociale Il Melo importantissima: “Il biologico a portata di mano”. Evvai! Finalmente! Dove devo firmare?
Partecipavano all'incontro due rappresentanti di Aiab (Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica), il presidente e il responsabile dell'ufficio commerciale del consorzio Fattorie Estensi, un signore paonazzo di cui non ho capito la professione, credo produttore agricolo (in tempi meno politically correct si sarebbe scritto: un contadino). La serata è stata effettivamente interessante, le persone chiamate a intervenire si sono dimostrate preparate e affabili, ben disposte al dialogo e al confronto informale. Sono stata contenta di esserci andata, ma non veramente soddisfatta. I relatori hanno iniziato da subito ad esporre delle esigenze molto tecniche (per esempio la necessità, da parte di Fattorie Estensi, di rivolgersi ad un unico referente per tutti i GAS, e di allargare la stagionalità dell'offerta coinvolgendo aziende romagnole), e il pubblico è stato prontamente rappresentato dagli attuali referenti dei gruppi di acquisto, i quali hanno alimentato una discussione vivace ma poco informativa. L'impressione che si aveva era quella di essere capitati in una riunione per addetti ai lavori. Interessante certamente, ma non sempre comprensibile. Il dibattito poggiava su una lunga serie di sottintesi, considerazioni taciute perché evidentemente condivise, ma condivise da chi? Dai relatori e dalle persone che attualmente gestiscono i GAS. E gli altri? E io?
L'obiettivo dell'evento - specificato nell'invito - avrebbe dovuto essere quello di “mettere a confronto produttori e consumatori”, e affinché tra i due poli si possa sviluppare un sodalizio concreto è ovviamente necessario che il discorso si soffermi su aspetti gestionali e logistici (non intendo quindi rinnegare a priori il tecnicismo). Tuttavia credo che un incontro che si rivolge e si apre a “tutte le persone sempre più attente e sensibili ai temi dell'etica, dell'ambiente, dell'ecologia” debba affrontare l'argomento del biologico – almeno da principio – in termini più panoramici ed esplicativi, affinché l'ascoltatore interessato possa comprende in che tipo di ambiente dovrà poi collocare il successivo dibattito a fini organizzativi. Se è vero (come leggo sul sito della rete nazionale) che i gruppi di acquisto indirizzano la loro attività verso “un'economia che metta al centro le persone e le relazioni”, sarebbe bene per loro non dimenticare di accogliere in questa relazione il vicino di sedia.

martedì 3 maggio 2011

PRIMO MAGGIO DELLE ARTI E DEI MESTIERI



Un primo maggio come sempre dovrebbe essere primo maggio: verde e svagato. La buona riuscita della giornata si deve innanzitutto alla location: una scuola elementare dismessa e abbandonata al pascolo salubre della campagna ferrarese. E lo so che di solito la pianura padana sembra tutto fuorché salubre, ma complice il vento che spazzava l'aria, complice la primavera esplosa e avventuriera, i campi attorno a Contrapo suggerivano un piccolo miracolo bucolico. Gli organizzatori ci hanno comunque messo (molto) del loro: le sale dell'edificio erano addobbate e approntate ai più diversi usi, così come il grande giardino. Mostre fotografiche, allestimenti autoironici, una piccola cucina all'aperto, una stanza riservata alla performance pittorica, l'immancabile palco per i musicisti. La giornata è trascorsa lentamente ma senza noia, tra un concerto, una birra e una passeggiata indolente fino al bar del paese (si chiama: BAR). Dei musicisti che si sono esibiti segnalo – ovviamente – il one-man-bed Dani Male, che disteso comodamente sul proprio materasso, con tanto di plaid a quadrettoni, cantava e suonava a sé stesso le canzoni della sana nullafacenza pomeridiana, motivetti orecchiabili e quotidiani. Sugli altri artisti coinvolti per l'occasione si può volendo discutere, ma nemmeno più di tanto, rimane poi una questione di gusti. A prescindere dalle preferenze musicali (questo sì, questo no, questo ni) l'atmosfera era rilassata e piacevole. Per quanto riguarda i ragazzi chiamati a dipingere (vecchie glorie dell'ambiente ferrarese, ma non solo) vale più o meno lo stesso discorso: aldilà del gusto individuale, avere l'occasione di guardare una persona lavorare su una tela è sempre interessante, non capita spesso. 
Personalmente le cose che ho più apprezzato della gita fuori porta sono state:
Le razdore, organizzate in cucina per tirare l'impasto delle piadine, con tanto di grembiule a quadretti rossi e bianchi (un must).
Il giro in carriola a due euro.
Le foto di Jimmi Valieri, tra quelle presentate probabilmente le più aderenti al tema "arti e mestieri".
Il one-man-bed show (mi ripeto, ma aggiungo un link: http://www.youtube.com/watch?v=m5XLLK3L0Vk).
I divani in mezzo all'erba, che hanno sempre un loro bel perché.

Chi volesse proporre il proprio elenco personale (quest'anno va così), lo aggiunga pure nei commenti.